Almeno da Mastricht in poi l’Europa avrebbe dovuto essere protagonista  dello scenario planetario insieme a Usa, Russia, Cina.

È vero che l’idea di un’Europa politica andò a farsi benedire quasi subito.

Tuttavia rimase il target di unità economica valorizzata da una moneta unica  che avrebbe tenuto il punto sulla forza e l’autonomia europea.

Europa blocco fra i blocchi, con pari dignità in leale competizione.

La NATO ( l’alleanza atlantica), che comprendeva i paesi europei occidentali e Usa, svolgeva  il suo compito e aveva  un senso fino a che dall’altra sponda del fiume c’era il Patto di Varsavia e il blocco comunista che presupponeva -come in una  sorta di mischia rugbistica – un blocco occidentale con la faglia divisoria su Germania occidentale Austria, Trieste, mar Adriatico.

Deceduto l’antagonista anche il protagonista avrebbe dovuto uscire di scena.

Ognuno avrebbe ripreso la sua autonomia senza le impellenze, le urgenze, i timori della guerra fredda e delle sue punte di calore. L’Europa insomma avrebbe fatto l’Europa.

Invece no. Le brame espansionistiche dell’area del dollaro, hanno fatto sì  che gli Usa abbiano sostenuto con sforzi belligeranti l’allargamento o il mantenimento del loro predominio.

Coerenti con questa posizione gli Usa e i politici alle dipendenze di quella cultura padronale, più che imperialista, vollero conservare la NATO.

Anzi la vollero utilizzata come arma di penetrazione americana per stringere la Russia risorgente in una morsa.

Morsa e mancanza di accesso ai mari meridionali che i russi hanno sempre combattuto dal tempo degli zar e del comunismo e combattono anche oggi. È un obbiettivo patriottico non ideologico.

Risultato: dopo aver sconquassato il Medio Oriente, l’Africa settentrionale e centrale, adesso la politica americana con lo strumento Nato si accinge a sconquassare l’Europa.

Portare guerre in terre altrui, nell’illusione che ‘andrà tutto bene’ a casa propria, indulgere nelle scelte della finanza, delle grandi banche, degli azionisti delle compagnie della guerra fornitrici di uomini e mezzi, per poi spennellare il tutto con melassa di diritti, democrazia, libertà, il bene contro il male non può essere il domani, nè l’oggi del pianeta. E l’Italia (nè l’Europa, se esistesse) non possono più essere complici di questa strategia  ormai evidente e tutto sommato rozza e elementare.

Senza contare che per l’Italia e per i paesi dell’ovest europeo tenere  rapporti di buon vicinato con chi incombe alle porte e ci fornisce energia vitale per la sopravvivenza, più che un optional è una necessità.

Le pressioni sulla Russia ottengono altri effetti deleteri.

Ravvivano il patriottismo della Madre Russia, che consente di ricollegare il capo di oggi ai grandi del passato compresi gli czar e lenin. Putin diventa così degno del crisma di padre della patria e la sua popolarità certo non scema.

Non bisognerebbe mai dimenticare che in nome della patria e della sua integrità, protezione e grandezza anche i perseguitati dal comunismo imbracciarono le armi contro gli invasori  e non ci fu nessuno che pensò di approfittare dell’invasione per organizzare resistenze contro la tirannide, costituendo per costoro l’amor patrio una priorità assoluta.

La riqualificazione del prestigio del presidente lo possono – fra l’altro-incoraggiare a passi azzardati e comunque dannosi per tutti.

Sono evidenti anche gli effetti sul rinsaldo del sodalizio Cina -Russia.

Così in un percorso vichiano, ripassiamo dal via, gozzi a remi  in uno scontro fra corazzate.

In questo scenario gli atlantisti diventano più che sciocchi e ingenui qualcosa di peggio.

Oggi l’atlantismo è diventato quello che per Samuel Johnson era il patriottismo ‘ l’ultimo rifugio delle canaglie’.

Motivo in più per valutare per quel che sono i nostri attuali nocchieri. E il popolo al quale sembra possa farsi di tutto senza pagare pegno.