25 agosto 2020

Mario Draghi si muove con una strategia che nasce dalle appartenenze e dalla collocazione culturale, politica e di potere. Possiede i requisiti per portare a compimento i progetti di un’Italia diversa: a sovranità limitata, gregaria in un raggruppamento pseudo politico governato da banche e finanza, più stabile con accentramento di competenze, di ricchezze, con crescita finanziaria, riduzione di flessibilità economica, contrazione di libertà personale, di diritti e di rappresentanza. Non demonizzo questa visione del mondo e del nostro futuro. Non la condivido e non condivido l’idea che essa possa prevalere attraverso un percorso opaco, nel quale si prometta una cosa per raggiungerne un’altra. Conoscere i fondamentali del condottiero prossimo venturo, uomo iperintelligente e potentissimo, può aiutare a comprendere il contesto.

Mario Draghi ha un ottimo pedigree di studi economici con radici ben piantate nelle migliori università americane. Su queste basi rappresenta la cultura finanziaria laica e ne è interprete e gestore. Questa realtà ha un sostrato di apparente altra matrice. Draghi è un cattolico osservante, è stato educato dai gesuiti e si dichiara devoto di Ignazio di Loyola, fondatore dell’Ordine. Particolare intralasciabile e che spiega come, in prossimità della recente offensiva sull’Italia, il gesuita Bergoglio lo abbia nominato membro della Pontificia accademia delle scienze sociali. Al suo cattolicesimo di struttura gesuita e alle relative affiliazioni, Draghi ne ha accoppiate altre secondo le sue vocazioni professionali e ai suoi rapporti: membro del Forum mondiale per la stabilità finanziaria, primo Presidente del Consiglio della stabilità finanziaria (Financial Stability Board), membro del Gruppo riservato Bilderberg e della Trilateral Commission. Queste appartenenze lasciano intendere la sua rilevanza nello stretto circolo dei potenti e decisori del sistema economico, bancario, finanziario mondiale. Lo spessore, il potere e la centralità di Draghi sono definitivamente comprovati dalla sua posizione di senior member del Gruppo dei trenta (Group of Thirty), anch’esso parto della Rockfeller Foundation, organismo che guida le politiche finanziarie delle banche del pianeta. Titoli di indubbio merito e vertici di potere che nessun italiano ha mai sfiorato nell’era moderna. Costui vanta una vita professionale straordinaria, quasi incredibile. Ha attraversato il mondo accademico nazionale e internazionale e la macro burocrazia tecnocratica e finanziaria italiana e mondiale. Fu direttore generale del Tesoro per molti anni senza interruzioni (governi Andreotti VII, Amato I, Ciampi, Berlusconi I, Dini, Prodi I, D’Alema I e II, Amato II, Berlusconi II). Passò ai vertici della banca finanziaria privata Goldman Sachs. Divenne Governatore della Banca d’Italia. Infine Presidente della Banca Centrale Europea. Fu ed è anche altro, ma il quadro delle sue eccezionali posizioni di potere appare bastevole. C’è un percorso, referenti, scopi, aggregazioni, affiliazioni che legittimamente indicano cose diverse rispetto a un Mario Draghi pensoso dei destini del suo paese, dei cittadini, del lavoro, e depongono per un Mario Draghi prodotto e artefice di un’economia finanziaria sta per un mondo governato dal suo mondo: banche internazionali, multinazionali, stabilità e speculazione finanziaria, tecno burocrazia. Tutto legittimo, ma tutto contrario a quanto si lascia immaginare.

(continua)