Nel post elezioni i commenti si sono limitati in maggioranza  ai dati più vistosi :il primo posto del Meloni party, la vittoria della coalizione di centrodestra, la sconfitta di Letta e del pd, la parziale resurrezione di Conte e c.

Il tutto con toni troppo spesso fuori dalle righe, di giubilo o di disperazione.

In politica è un po’come per il calcio : chiacchiere, discorsi, commenti, processi, ma alla fine  contano i numeri.

I  numeri  dicono che un esercito enorme  di italiani ha disertato il voto valido.

Evento senza precedenti, che ha fatto segnare una flessione del 10% del dato di partecipazione, già basso, delle elezioni scorse.

Se si estrapola il milione e mezzo circa di assenteisti storicizzati fin dal 1948, si registra che esiste un flusso imponente, disorganizzato e multiforme di scioperanti del voto valido.

Gente che non ne può più, che non li vuole più, che non ci crede più.

A fronte di 46 milioni di aventi diritto, 19 milioni si sono estraniati o non andando o non esprimendosi.

Per comprendere l’importanza del fenomeno, serve non solo la differenza fra aventi diritto e votanti.

È bene notare anche che il raggruppamento che apre la classifica dei voti validi ha conseguito 7milioni e mezzo di suffragi, cifra inferiore di circa  2/3 al non voto.

In termini percentuali un 41% contro un 16, 3 %.

La consistenza in termini assoluti dei consensi del centro destra del 2008 fu di 19milioni. Oggi 12.

Tenuto conto della diminuzione dei votanti in termini reali il centrodestra di oggi è più piccolo di quello di allora di almeno 6milioni, 1/3 circa.

Ultima considerazione : i voti dei battuti sono di circa 2 milioni superiori a quelli dei vincitori.

La vittoria di ‘ Giorgia’ non diminuisce di valore, ma di peso politico e numerico, sì.

Al termine di una consultazione un sindaco di capoluogo appena eletto dichiarò che non poteva dirsi vincitore perchè i cittadini avevano disertato le urne e  lui si considerava sindaco di minoranza non certo un vittorioso.

Comportamento umile e saggio, rispettoso di democrazia e istituzioni. Ma unico e irripetuto.

Se in un contesto dove è ampia l’educazione al voto come dovere, un numero prossimo alla metà di cittadini elettori non risponde all’appello del voto valido, non è semplice disaffezione alla pratica elettorale.

C’è  crisi di sistema, patologia nella rappresentatività dei soggetti in campo.

Il trionfo del partito meloniano si sostanzia nel consenso di 1 cittadino e mezzo su 10.

L’opposizione al sistema gode del consenso di 4 cittadini su 10.

Il quadro è coerente e le conseguenze prossime non dovrebbero tardare se è vero che in politica i vuoti si riempiono.

Altro dato è il distacco fra mainstream e cittadini.

Il primo con tutti i mezzi di comunicazione disponibili e una serie di testimonial di tutto rispetto, non ha inciso.

Hanno disertato in moltissimi. Gli altri hanno votato in modo contrario, insensibili anche agli appelli  dei top di informazione arte, cultura, spettacolo.

Costoro da giorni si chiedono cosa non abbiano capito gli italiani e non su cosa non abbiano capito loro.

Comunque sia il 40 per cento del paese è fuori dal minuetto, in una sottovalutazione del fenomeno da parte del mondo di sopra che sa di rimozione e che difficilmente sarà salvifica.

Cosa farà poi la prima donna italiana capo del governo per rispondere alle aspettative degli elettori  è tutto da vedere.

Per adesso ( e giustamente ) si tace.

Fra non molto sapremo se Draghi, l’UE, banche, finanza internazionale saranno contraddittori e in dialettica matura o resteranno incontrastati arbitri.

Se cioè in applicazione al troppe volte praticato principio: “Lèvati te che mi ci metto io” si assista al cambio di direttore e di qualche orchestrale, ma con lo stesso repertorio, stessa musica, stessa sostanza.

Come mi pare pensino in molti. Fra costoro il 40 % degli italiani sui quali potrà far presa soltanto chi dimostrerà qualcosa di diverso, nell’interesse reale dei cittadini e del paese.