Ancora non sappiamo come la crisi di governo andrà a finire, anche se l’incarico a Mario Draghi è più che sintomatico. Abbiamo già comunque di che riflettere. Fa una strana impressione vedere il lento andirivieni fra arazzi e velluti, di Carneade di ogni sorta scortati da corazzieri in alta montura e insieme due signori identici nella capigliatura candida, dioscuri del potere quirinalizio. La coppia avanza, semicurva, pensosa, con passo lieve, quasi sempre uno accanto all’altro. Posizione fondamentale nel linguaggio formale del Palazzo. Questa non è una crisi, è una sciarada dove le allusioni e i percorsi sono rozzi e grossolani. In contraddizione con lo scenario, che sembra uscito da un film di Luchino Visconti o dalle favole su principi e principesse e balli di corte, questa crisi è una fiction di pessima qualità’. Con allusioni e trucchi da mago di periferia. È finale scontato.

Il presidente della repubblica che convoca il presidente della Camera alle 19.10 per le 19.30 di sabato per conferire un ‘incarico esplorativo’ in tutta urgenza. Poi gli dà tempo fino al martedì sera per riferire. Cioè’ un tempo infinito. Anzi se fosse possibile, più che infinito viste le conclamate emergenze e la velocità di convocazione.

Non è tutto. Il presidente della repubblica -le legge lui le dichiarazioni- compie un atto che è bestemmia istituzionale. Si dilunga su un ‘analisi tutta politica della situazione. Si arroga il diritto che non gli compete di dichiarare e elencare le questioni in ballo. Come non bastasse suggerisce perfino le soluzioni. Forse non roba da messa in stato d’accusa, ma per certo fuori dai suoi poteri. Considerazioni inusuali nel protocollo e capaci di indirizzare politicamente la soluzione della crisi. In un paese normale non dovrebbe essere permesso all’arbitro super partes di fare il croupier, di dare le carte, decidere il gioco, fare il tifo, indicare le soluzioni politiche. E far cadere la pallina della roulette dove aveva sempre voluto lui. Eppure nessuno ha fiatato, neppure ‘ le destre’ né la parte recalcitrante dei 5 stelle.

L’ incarico esplorativo viene conferito a un altro arbitro super partes. Costui invece di ‘esplorare ‘sentendo tutte le campane per riferire agli incaricanti, trascura tutti, meno che i potenziali partner di un governo ricalco del precedente. Ma non ‘esplora’. Apre un tavolo di trattative ” sul programma”. Si mette a dirigere un mercato di regole e progetti. Fa il sensale. Tira di qua, tira di là, dai un colpo su e un altro giù’. Nessuno che critica né che si imbarazza. Ormai è saltato tutto e pare francamente troppo. No non è troppo. Ancora non è niente. Perché’ mentre Fico dirige il mercato ufficiale e autorizzato, nella stanza accanto, senza vergogna si svolge quello vero. Nell’altra stanza (neanche il pudore di andare altrove) si mercanteggia sui ministri, i posti, le posizioni, gli incarichi. Lo sanno tutti, lo dicono i media senza critiche.

Fico si presta a fare la rivendita ufficiale del lotto, per coprire la bisca clandestina nel retro.

Al Quirinale lo sanno bene. Tutto rientra nello schema di portare la post democrazia in carrozza a governare il paese. Se Draghi avesse titubato un albo chiomato avrebbe voluto una signora cattolica di sinistra e aveva pigiato per lei, che comunque il ministro lo dovrebbe fare. L’altro non da oggi ha preso sotto l’ala protettiva l’avvocato del popolo. E forse, ha deciso la sua eutanasia. Tutti sanno tutto e tutti non denunciano lo sfarinamento totale della sostanza e della forma delle istituzioni democratiche. Non le ‘destre’, che ogni di’ si sforzano di essere della compagnia, né si scandalizzano della loro conclamata inesistenza politico -istituzionale, essendo perfino esclusi da ogni interlocuzione. Forse in attesa di ministri di consolazione.

Né saprei dire chi rappresenti al duo albochiomati che non si può più far finta, quando tutti sanno che si attendeva soltanto la disponibilità o meno di chi conta davvero di entrare in campo.

Renzi il prescelto per il salto nel vuoto ha eseguito le istruzioni: non ha ringambato  e ha fatto saltare il vapore.

Solo Paolo Mieli dimostra indignazione, e chiede il voto. Apprezzo questa inusuale posizione fuori dal coro. Indica quanto sia scandalosa e indigeribile questa messinscena. Si è prossimi agli ultimi giorni di Pompei. E Draghi sarà il colpo da maestro. Qui non c’è un vulcano furibondo a far giustizia di questo scempio di cui resterà traccia e vergogna.