Le imprese commerciali in Italia sono circa 4 milioni e mezzo. Noi circa 60milioni, le famiglie unipersonali 8milioni e mezzo, le altre circa 12milioni e mezzo. Il ministro dell’interno informa che in 33 giorni sono stati controllati circa 4milioni di esercizi commerciali e più di 10 milioni di italiani. In un mese si sono controllati il 95%di partite iva del commercio, la metà delle famiglie italiane, circa il 20 % dell’intera popolazione. Dati stratosferici per un’amministrazione non nota per una particolare solerzia.

I media secondo i consueti luoghi comuni, si sono complimentati per le attività di contrasto. La protesta più cospicua si è risolta nell’auspicio che l’iperattività e l’esibizione di tecnologie da starter messe in campo per controllare gli onesti, fossero usate contro i meno onesti, per garantire i cittadini oltreché’ dal virus, dalla delinquenza. Niente più’, se non qualche accusa complottista su un nuovo ordine mondiale guidato dai cibernetici protesi alla conquista del mondo. Riflessioni fuori dai luoghi comuni: nessuna.

C’ è qualcosa di anomalo in questa apparente isteria di controllo, una (in)conscia insorgenza dello stato-apparato, insinuante, curioso oltre misura, dedito alla riduzione degli spazi di libertà personale, di privacy,

C’è ‘qualcosa da spiegare sulla strage di un’economia tendenzialmente individuale da sempre avversata da chi conta, perché’ frutto e stimolo di libertà rispettosa delle vocazioni naturali di un popolo e dei territori.

Quando ero consigliere regionale in Toscana, uno del circolo ristretto di Prodi capitò in Consiglio e ci “rivelo’” che “il Presidente” voleva ridurre le partite IVA di “almeno” 2.000.000. “Ce lo chiede l’Europa’ sosteneva. Obbiettivo storico del finanziario che per sua natura è totalitario e predilige realtà compatte, leggibili e gestibili rispetto alla polverizzazione dei centri di reddito e alla segmentazione dei percorsi. Quasi un mantra paragonabile, per durevolezza e intensità, all’obbiettivo storico della Russia bianca, rossa, putiniana di avere un affaccio nel Mediterraneo.

Nessuno dovrebbe compiacersi né rimanere insensibile e inerte di fronte a questo sforzo teso a mostrare i muscoli di un nuovo asse culturale e politico, che esibisce tutta la sua severità con dispendio di uomini e mezzi d’aria, di terra e di mare per impedire a un buontempone di prendere il sole nella spiaggia di Rimini, deserta come le spiagge dell’isola di Robinson Crosue e “Venerdi”.

Il ministro competente è un prefetto, istituzione quella sì da abolire come insegna Luigi Einaudi, proclive per cultura a questo modus operandi, che si pasce di sfoggio di autorità mal sciorinata e si accoppia con le illegittime asfissianti autocertificazioni, alle disquisizioni su congiunti, amici, affetti stabili, tutto non contro il virus, ma contro la cultura di libertà personale il cui avvilimento è propedeutico al big bang prossimo venturo.

Non ci fidiamo più ma non ci si prende la briga di approfondire e di capire, così i dilettanti alla guida del “pullman Italia”, gestiti con facilità dai migliori professionisti in circolazione, sono divenuti gli strumenti dell’inizio del prossimo capitolo, dove il “favorisca documenti” suonerà come un nostalgico inno di libertà.