Lo storico Polibio classifica le dinamiche che scatenano i conflitti in tre momenti: l’archè, il principio remoto (es: odio atavico fra due popoli), l’aitía, la causa reale (es: interessi confliggenti) e la profàsis, il pretesto (es: un incidente di confine).

Nella guerra Hamas/ Israele è chiaro il principio remoto come l’eccezione della mancanza del pretesto.

Hamas ha attaccato ‘a freddo’.

Sulle cause si intravede  una sorta di conflitto ‘multistrato’.

Le azioni intraprese dai seguaci dell’Islam contro gli ‘infedeli’ hanno sempre per primo obbiettivo, la conquista del primato all’interno del mondo islamico.

In questo caso gli sciiti (Hamas, Iran, Hesbollah) hanno voluto marcare la supremazia colpendo la politica dell’Arabia Saudita, sunnita, favorevole a una normalizzazione di rapporti con Israele.

La guerra costringe a uno stop.

Il fallimento del Mossad e delle Forze Armate sono colpi al consenso del primo ministro Netanyahu e fanno insorgere sospetti interni a tutto pro degli aggressori.

La conseguenza geopolitica del blitz di Hamas, è la nascita di un ulteriore focolaio di instabilità che indebolisce USA e c. e finanza.

Tutto si tiene.

Alla speculazione programmata sulle fonti energetiche si accompagnò la guerra in Ucraina che, fra l’altro, provocò un ulteriore effetto moltiplicatore e fuori controllo sul prezzo di gas, petrolio, fonti energetiche.

Seguirono singulti di uno scenario alle prese con interessi e costo del denaro al rialzo, inflazione, decremento della produttività, spettro della deflazione.

Nel contempo in Africa scorrazzano milizie mercenarie e organizzazioni belligeranti che fanno guerra agli stati.

Frattanto la Francia è cacciata a favore di una Cina rampante mentre l’immigrazione clandestina cresce a dismisura e diviene di fatto un’arma di offesa.

I conflitti scoppiati e fatti scoppiare in questo percorso appaiono passaggi di una rilettura della geopolitica mondiale che prevede una soccombenza dell’Occidente.

Colpo di Stato e guerra civile nel Sudan del sud, in Mali, Burkina Faso, Gabon, Niger.

Poi a est guerra etnica nel Nagorno Karabakh.

Altro giro di bussola e scoppia la guerra in medioriente. Gigantesca per previsioni belliche, concorrente per effetti e gravità alla guerra in Ucraina.

Il contesto favorisce l’idea di un Oriente in grande spolvero (Cina) e declinante (Russia), impegnato per mettere sotto scacco Usa, Ue e soci.

 E quella di un Occidente  distratto e preso da interessi speculativi che sembra non avvedersi dell’evoluzione del quadro verso una mappa di crisi molteplici, tese a minare le forze della finanza internazionale dominante.

Sono passaggi della parziale dissoluzione del contesto e delle crisi che affliggono il percorso postdemocratico e finanziarista che necessita per prosperare di stabilità e dati certi.

Sembra quasi una regola che quando un certo disegno appare perfezionato, sopravviene l’evento guastafeste che butta giù il castello di carte.

La finanza speculativa, i circoli ristretti degli attuali padroni dell’occidente, pensavano di aver normalizzato il pianeta alle proprie finalità a beneficio di una ridottissima minoranza destinata a gestire e arricchirsi.

Senonchè qualcosa è sfuggito, il panorama si è indebolito senza avvisaglie, sono scoppiate crisi qua e là, contrapposizioni strutturate con l’Oriente, fatti bellici in punti strategici e la situazione scricchiola in modo preoccupante.

In un vecchio romanzo di storie marinare, un comandante britannico rimorchiava un mercantile preda di guerra, carico di riso. Cammin facendo la preda scricchiolava a prua, a poppa, l’assitto forzava, eppure non c’era segno ne’di avaria ne’di imbarco d’acqua. La sentina continuava a essere vuota. Tuttavia la nave abbassava il livello di galleggiamento, rumoreggiava si appesantiva. Mentre il comandante, che già assaporava il premio per la preda, si domandava il perchè di quella anomalia, la preda si autodistrusse in un attimo. Il riso aveva assorbito l’acqua e aveva aumentato il volume a dismisura, fino all’esplosione improvvisa e autodostruttiva della nave.

Come la policrisi che sta assalendo il sistema postdemocratico occidentale.

La differenza è che a bordo non ci sono soltanto il comandante e il suo equipaggio, ma tutti noi.