“Prima di tutto la salute”, è la formula magica con la quale si accompagna ogni genere di restrizione in tempo di coronavirus. L’intento è stroncare alla radice le critiche basate sui danni all’economia. Non c’è chi alzi un dito per rappresentare che semplicemente NON È VERO. La carta fondativa lo dice chiaro cosa viene prima di tutto nel nostro ordinamento: art 1 “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul LAVORO”. Le istituzioni che sulla Costituzione hanno giurato dovrebbero rispettarla. Le misure da prendere a tutela della salute hanno come conditio sine qua non che con esse non si penalizzi il primo bene da tutelare: il lavoro. Che poi l’interazione possa condurre a scelte compromissorie con equo bilanciamento è plausibile e auspicabile. Non è plausibile né auspicabile che nella scala dei valori da proteggere si possa posporre il lavoro a qualunque bene o diritto, né’ che lo si possa danneggiare irrimediabilmente. Ogni anno muoiono in incidenti stradali circa 5000 persone. I feriti ogni anno sono intorno ai 250.000, dei quali circa 100.000 risultano inabili e di questi circa il 25%sono condannati a invalidità totale. La circolazione automobilistica è la maggior fonte di inquinamento atmosferico e la scienza valuta che questo provochi circa 60.000 morti l’anno. Il  Covid 19 in confronto gioca nel campionato ragazzi. Se fosse vero “prima la salute” e non “prima il lavoro”, l’unico lockdown giustificato e urgente sarebbe quello del divieto di circolazione di qualsiasi veicolo su gomma. 65.000 decessi l’anno sono una follia, il numero di invalidi un’altra follia. Ma questo non soltanto non accade, ma nessuno si sogna di chiederlo. Il parallelo evidenzia la speciosità un po’ grossier delle motivazioni addotte per le restrizioni imposte. Esse non hanno fondamento né costituzionale, né pratico e sono in controtendenza con i comportamenti che si tengono in circostanze analoghe. Non si chiude il traffico, né le acciaierie, né le attività estrattive e tutta quella congerie di iniziative volte a sostenere l’economia e il lavoro. Farsi la domanda “Allora perché’?” e darsi una risposta, sarebbe sufficiente a scacciare i mercanti dal tempio, evitare il baratro e la sottomissione del paese. Le regole comportamentali sono un dovere (mascherine, lavarsi le mani, distanze), la disobbedienza civile un diritto e il modo per difendere la Costituzione