Carlo incoronato è stata la notizia clou per molti giorni.

Si è anche disquisito sui costi della monarchia e della possibilità che i sudditi britannici avessero a che dire sullo sfarzo della cerimonia e sulle sterline impiegate.

Nei media italiani non si è evidenziato che il Quirinale costa il quintuplo e un pezzetto più di Buckingham Palace e dell’intera famiglia reale.

Mentre potrebbe essere complegiustificare gli sciali nostrani, non è difficile rappresentare il buon impiego delle sterline spese.

La cerimonia dell’incoronazione è in realtà un buon business per l’economia d’oltremanica e una ottima promozione del prestigio dell’United Kingdom.

La monarchia è per i britannici un momento veramente unificante, al di sopra di tutto e di tutti e incarna lo spirito imperiale mai sopito nè nei sudditi nè negli ex sudditi ancora legati a Londra.

Ci sarebbe da chiedere a noi spendaccioni quanto invece sia in linea con questo requisito la carica corrispondente, e se ci sia, detto con spirito postdemocratico, un rapporto accettabile fra qualità e prezzo.

Una vignetta di Giannelli sul Corriere della sera colpisce nel segno più che qualsiasi discorso .

Spiega quanto poco opportuna e quanto segni la crisi di un sistema la doppia permanenza al Quirinale dell’odierno inquilino.

Nella vignetta ci sono due sembianti uno è Carlo, l’altro è Mattarella : il primo tendendo la mano : piacere, Carlo terzo. Il secondo in eguale gesto: piacere, Mattarella secondo.

Una monarchia repubblicana viene esercitata fuori dalle corde del sistema, in pratica usque ad mortem( fino alla morte).

In più sicut princeps senatus (come il monarca assoluto )ci si avvale di una prassi discutibile e di un lassismo parlamentare ormai storicizzato per praticare l’esercizio estensivo delle prerogative, travalicando spesso  limiti che avrebbero dovuto  essere invalicabili.

Senza indugiare su ragionamenti complessi, basti evocare l’interventismo della presidenza nelle questioni di governo culminata nella insindacata scelta di un primo ministro nè eletto nè affidabile nella priorità dei suoi valori, uomo appartenente a un grumo di finanza e potere

che trova la sua testa oltreoceano negli ambulacri delle banche d’affari internazionali per le quali costui ha reso già remunerati servigi.

Il governo Draghi- Mattarella rimane una pagina opaca della storia del paese.

Il re presidente, pur

perfetto conoscitore della Carta ha definito il lavoro, valore primo e fondante la nostra comunità, ‘ redistributore di reddito’ anzichè riconoscerlo in tutta la sua dignità di ‘fattore o produttore  di reddito’.

La bestialità istituzionale non è casuale . La postdemocrazia prevede che il reddito si produca con le speculazioni finanziarie, che lí risieda il profitto, mentre il lavoro, inutile a questo fine, abbia la funzione di mezzo di elargizione, di bonus, di distribuzione di denaro e benefit.

Nello stesso spirito sono le dichiarazioni molteplici quali quelle per ultimo a Maastricht sull’interesse nazionale trasformato in interesse ‘ condiviso’ e ‘europeo’ mediante la cessione di sovranità all’UE .

Dichiarazioni in evidente contraddizione con  la logica e con quanto gli altri membri UE stanno mettendo in campo contro il nostro interesse nazionale ( migranti, rialzo dei tassi, patto di stabilità).

Sono affermazioni gravi che ledono principî presupposti della nostra democrazia e della nostra costituzione.

Di questi giorni il silenzio agghiacciante sulle offese francesi (si legga ne La Vocina il pezzo di R. Mazzoni dell’8/5).

Se si considera che la presidenza della repubblica dovrebbe rappresentare garantire e difendere la dignità nazionale, le censure sono d’obbligo e diventano chiare  le finalità non commendevoli del re repubblicano.

Azioni tutte rese possibili anche a causa di un governo prono, di media sottomessi al Pensiero Unico e di un’opinione pubblica assente, distratta e semmai tristemente plaudente in questo tragitto verso il patibolo.