E’ sempre amara e fugace la gioia che deriva dalle disgrazie altrui. Delle vicende giudiziarie della Sarkozy’s family se ne occuperanno i tribunali e i quotidiani francesi. Eppure nel vedere l’ex premiere dame strappare nervosa il microfono dalle mani di un giornalista la mente non può che tornare alla risatina beffarda che nel 2011 si scambiarono il presidente francese e la cancelliera tedesca Merkel ironizzando sull’affidabilità di un Berlusconi ormai sulla graticola e che di lì a poco sarebbe stato travolto dai mercati e con un colpo di stato sostituito da Mario Monti.
Il resto è storia, storia che però ora più che mai è “magistra vitae” perché in questa piccola nemesi ci dimostra, per l’ennesima volta, che Berlusconi (pur con tutte le sue sbavature) aveva ragione e se avesse ascoltato quei pochi che gli dicevano la verità sarebbe stato assurto nel pantheon dei più grandi statisti della storia anziché rimanere (pur con le sue innegabili genialità e rivoluzioni) nell’empireo degli incompiuti. Purtroppo aveva ragione Indro Montanelli nel dire che Berlusconi è uno di quegli uomini che accettano volentieri i consigli solo quando confortano le decisioni che ha già preso: gettare acqua sul fuoco dei suoi entusiasmi è il peggior dispetto che gli si possa fare.
Il Cavaliere aveva ragione quasi su tutto: su Gheddafi, sulla Russia, sulla magistratura militante, era riuscito, dopo i bizantinismi della prima repubblica, a far capire la politica anche alla massaia di Voghera. Aveva realizzato il miracolo che non era riuscito nemmeno a De Gasperi e a Craxi di riunire, nel PDL, tutto il mondo alternativo alla sinistra. Con tre televisioni, due giornali e la squadra di calcio più titolata al mondo aveva costretto tutti ad abbandonare per impraticabilità di campo. Ma come il centravanti (tanto per rimanere nella metafora calcistica) a cui manca lo spunto negli ultimi quindici metri, anche Berlusconi, arrivato nel collo della bottiglia si è fatto vincere dagli interessi di bottega seguendo i consigli di chi lo invitava a guardare agli indici di borsa dei titoli delle sue aziende più che al futuro del paese.
Quel novembre 2011 era il momento per un messaggio a reti unificate alla nazione, con poche semplici parole: “vado avanti, tutto quel che ho per il popolo italiano!”. Ha preferito invece uscire dalla porta di servizio facendo tirare un sospiro di sollievo ai figli, agli Ennio Doris, ai Galliani e ai Confalonieri ma dissipando un’occasione che capita una volta nella storia. Da parte nostra il rammarico di com’è finita e la magra consolazione di essere stati fino in fondo dalla parte giusta. pagando un prezzo altissimo. Quello della coerenza.
