Un’occasione persa per la destra che non riesce a liberarsi dei suoi fantasmi ideologici: non c’è altro modo per commentare la guerra santa contro il ministro Valditara reo di aver nominato Paola Concia coordinatrice del progetto ministeriale “Educare alle relazioni”, inducendolo a un’indecorosa retromarcia. Chi ora festeggia la vittoria contro il “genderismo” non ha davvero capito nulla: il gender è una deriva ideologica che impone la fluidità sessuale come dogma e deve restare lontana dalle nostre scuole, su questo non c’è alcun dubbio, ma non c’entra assolutamente nulla con i propositi del ministro e della stessa Concia, che ha più volte garantito di voler limitare il suo mandato – lo ha ribadito oggi in un’intervista al Corriere della Sera – al contrasto alla violenza sulle donne. L’ex parlamentare del Pd è sicuramente una figura di spicco nella lotta per i diritti Lgbt e delle donne, ma è sempre stata una donna del dialogo lontana anni luce da ogni estremismo, e scelta migliore non poteva essere fatta, in quanto la sua storia personale ha sempre tenuto come metronomo laicità di pensiero, correttezza ed equilibrio. Per cui non poteva davvero esserci profilo più indicato per guidare un progetto nelle scuole contro la violenza di genere e per la cultura del rispetto. E dunque l’accusa al ministro di essersi sottomesso alla narrazione dominante sulle colpe del patriarcato invalsa dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin è stata falsa e strumentale. La scelta era peraltro maturata prima del femminicidio che ha sconvolto l’Italia, e si basa quindi su tutt’altre motivazioni, con l’obiettivo di influenzare la cultura attraverso l’educazione attraverso dialoghi attivi con gli studenti per instaurare corrette relazioni tra ragazzi e ragazze per prevenire la violenza di genere. Un percorso che sarà lungo ma che è assolutamente necessario e non consiste in corsi di educazione sessuale, ma nell’educazione a comportamenti rispettosi verso la donna. Il ministro, per questo delicato incarico, aveva deciso di scegliere tre donne di provenienza culturale molto diversa come garanti del progetto, e insieme a Concia ci sarebbero state una suora, Anna Monia Alfieri, da sempre in prima linea per difendere la scuola paritaria, e Paola Zerman, giornalista e Avvocato dello Stato.

Concia coordinatrice del progetto era la massima garanzia di un esercizio equilibrato della delicata missione, come dimostrano le sue battaglie parlamentari: nel 2009 e nel 2011 è stata relatrice di due proposte di legge che ampliavano la legge Mancino, prevedendo nel codice penale l’aggravante per i reati con movente omofobo, e sul controverso disegno di legge Zan si era schierata dalla parte di chi riteneva fosse troppo ideologico e divisivo, anche se, in quanto omosessuale, faceva parte proprio delle ‘minoranze’ che la legge intendeva tutelare. “Suggerisco all’onorevole Zan – disse in un’intervista – di evitare di inserire nella lista delle categorie meritevoli di particolare tutela le donne, perché non sono una minoranza bensì la metà della popolazione. Chiedo insomma che la categoria delle discriminazioni legate al sesso esca dal testo, non perché la misoginia non esista, ma perché si possono utilizzare o mettere a punto altri strumenti legislativi”. Concia è sempre stata convinta che i diritti civili non siano né di destra né di sinistra, a differenza della postura supponente di tanta parte della sua area politica.

Una cosa insomma è certa: non c’era alcun rischio che Concia volesse imporre la cultura Lgbt ai ragazzi, perché il politicamente corretto, ossia la palestra dell’intolleranza che si fa scudo della tolleranza e dell’inclusività, non è mai stata nelle sue corde.

“Io sono una donna, ancor prima di essere lesbica, e non ho alcuna intenzione di farmi cancellare da un asterisco”….