L’allarme lanciato dal ministro Cingolani sul costo impazzito delle bollette è piombato sulla politica italiana come un fulmine a ciel sereno. Eppure, nell’indifferenza generale, era chiaro da tempo a chi monitorava l’aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime (in un anno sono raddoppiati) – combinato con il maggior costo dei permessi di emissione di anidride carbonica – che la tempesta stava per arrivare, e che per l’Italia sarebbe stata una tempesta più che perfetta, visto che la nostra manifattura paga già da tempo una fra le più alte bollette elettriche d’Europa. Ma il fatto più sorprendente è che la stangata sulle bollette era stata annunciata due mesi fa dalla stessa presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen durante la presentazione del maxi piano comunitario sul clima: “Il principio è semplice: l’emissione di CO2 deve avere un prezzo che incentivi consumatori, produttori e innovatori a scegliere le tecnologie pulite, per andare verso prodotti puliti e sostenibili. E sappiamo che il prezzo del carbonio funziona. Quindi rafforzeremo il sistema di scambio di quote di emissione nell’industria e nella produzione di energia, e lo estenderemo all’aviazione a al marittimo”. Un ragionamento molto diretto, basato sulla convinzione che l’economia dei combustibili fossili ha raggiunto i suoi limiti e che quindi servono nuovi modelli, costi quel che costi. Più chiara di così la presidente non poteva esserlo: attribuire un prezzo al carbonio sarà “il punto centrale che guiderà l’economia” nei prossimi anni per centrare l’obiettivo storico della rivoluzione verde con una tabella di marcia che prevede di ridurre le emissioni di Co2 del 55 per cento entro il 2030.
In quel discorso-manifesto – tenuto 14 luglio – c’erano già dunque tutti gli elementi di preoccupazione che sono invece rimasti sotto il tappeto fino al monito di Cingolani. Il problema del tutto sottovalutato dai vertici europei è che l’ambizione di diventare il primo Continente in regola con i comandamenti gretini rischia di avere un drammatico costo economico e sociale, e non basterà certo il Fondo per il clima promesso dalla Von der Leyen a poter affrontare la povertà energetica e tagliare le bollette a famiglie vulnerabili e piccole imprese. Nell’immediato toccherà ai governi nazionali correre ai ripari per scongiurare fiammate inflattive e una gelata sui consumi che minerebbe la ripresa economica – oltre che un inverno al freddo per la fascia più fragile della popolazione – ma subito dopo andrà inevitabilmente rivisto il cronoprogramma Ue sul clima, perché illudersi di compensare i deficit di energia con le rinnovabili è un’illusione da radical-chic dell’ecologia.
Cingolani è stato messo in croce dai suoi mandatari grillini per la sua apertura al nucleare di nuova generazione, e la stessa sorte è toccata a Salvini, reo di aver detto l’ovvio, ossia che nuove centrali “verdi e sicure” ci salverebbero dalla endemica dipendenza energetica dall’estero. Ma siamo in Italia, la patria del luddismo ideologico.