Sarebbe stato velleitario per il presidente del consiglio saltare subito agli occhi dell’Unione Europea. Fare buon viso a cattivo gioco può rientrare in una logica di buoni uffici e di captatio benevolentiae. Anche se sui temi dei migranti, dell’energia e altre piccole cose l’UE non poteva comportarsi peggio di così.

Ben altre censure il governo  si è guadagnato su questioni sostanziali.

Lascia a dir poco interdetti la sudditanza culturale sulla Finanziaria  circa l’accettazione dei principi sulle cosiddette ‘coperture’ e ‘bollinature’.

Un governo del cambiamento non si dovrebbe lasciare paralizzare dalle trappole di finanziarismo e burocrazia.

Il prof Sabino Cassese, mentore di quel mondo, scrive   “si fanno ‘controlli ragionieristici, ma non si riesce a fare analisi costi-benefici, perché «l’amministrazione vive senza i conti e i conti vivono senza amministrazione. “Non si è riusciti, salvo qualche iniziale tentativo, a introdurre il calcolo economico nello Stato, mentre la «bollinatura», il timbro che dà il via a qualunque decisione pubblica, resta un oscuro ma definitivo «rescritto del principe», non motivato, e fondato su parametri e calcoli sconosciuti. “

Non ci sarebbe stata miglior occasione per sottrarsi a questi vincoli.

Questa acritica sottomissione ha avuto gravi conseguenze anche nel breve periodo. Per attutire efficacemente gli effetti del rincaro delle fonti energetiche c’era soltanto un modo. Si sarebbe dovuto togliere dai prezzi dei carburanti e dalle bollette energetiche tutte le accise, le addizionali, i balzelli, le tasse e calibrare i costi su quelli effettivi. Il taglio sarebbe stato del 50% almeno. Invece è stato fatto l’opposto con il ripristino delle accise dei carburanti e conseguente aumento del costo del carburante e il ricorso ai criticati bonus, patrimonio culturale degli avversari dell’esecutivo. Questo il prezzo dell’adeguamento ai principî di ‘ coperture’ e ‘bollinature’.

L’errore filo -Ue che pagheremo salato anche in prospettiva strategica è la conferma dell’adesione al Pnrr.

Si comprende l’ansia dei politici di avere risorse disponibili. Tuttavia se veramente ci fosse la volontà di cambiare, la prima cosa da fare sarebbe chiuderla coi miliardi del Pnrr che sono per il 90% da restituire  e dunque non un regalo e da impiegare non per le necessità  della nazione, ma per conformare l’Italia ai desiderata dell’Ue.

Con l’adesione al Pnrr il governo italiano perde qualsiasi possibilità di realizzare un proprio programma. Lo stesso Corriere della Sera, sebbene portavoce del Mondo di sopra, scrive “il PNRR è di fatto il PROGRAMMA BLINDATO della prossima legislatura in Italia” Chiunque avesse vinto le elezioni sarebbe stato alla catena. Il presidente del consiglio che vorrebbe  cambiare tutto è di fatto un obbligato ( o fedele?) esecutore dell’agenda Draghi.

Giulio Tremonti, eccezionale e sincero quando parla o scrive, temibile e infido quando governa o agisce, scrisse “il PNRR mette il paese in modo irreversibile nelle mani dell’UE e raggiunge lo scopo di quella ulteriore e definitiva sottrazione di sovranita’, che ci rendera’ colonia “. Aggiunse ‘I contributi sono condizionati alla presenza di riforme di stile europeo. Sia sulle riforme che sugli investimenti, il controllo prenderà la forma del condizionamento. Constateremo quanto sarà duro dipendere dalle condizioni europee. ‘

Se si considera che questo debito esaurirà le nostre possibilità di indebitamento il quadro è completo.

Impietoso dilungarsi sulle destinazioni del denaro che prevedono mille rivoli clientelari fra piste ciclabili, borghi diruti, stadi di calcio e asili.

Questo mentre l’Italia è in balia di un dissesto territoriale da primato, una crisi di consumi, di inflazione e deflazione che accompagna un impoverimento diffuso e repentino senza precedenti.

Far finta di niente e non bandire il Pnrr dai programmi diviene un errore politico storico, un atto di complicità per lo sfascio auspicato dalla postdemocrazia.

Infine è la prova anche per i più increduli che il marchio del governo si scrive Giorgia ma si legge Giorgetti