Un’occasione così non e’ mai capitata. La sinistra toscana ha imboccato la strada di un inesorabile declino: in crisi d’identità, di valori e di prospettive, dilaniata dalle diaspore e ormai priva dell’apporto di molte delle cosiddette “Case Matte del Potere” (valga MPS per tutti) che ne blindavano sempre le vittorie elettorali, ha perduto negli ultimi 5 anni la gran parte dei capoluoghi ed alle ultime politiche ha prevalso di poco più di un punto. In un tale contesto storico-politico, il centrodestra era tenuto a far di tutto per vincere. La regola aurea è ormai sperimentata e sempre valida: in Toscana, terra culturalmente e storicamente di sinistra, dove artigiani, commercianti e imprenditori hanno costituito per decenni la sua spina dorsale insieme a banche, cooperazione e sindacati, PD e alleati devono commettere un po’ di errori, mentre il centrodestra non può sbagliare nulla. Ecco perché oggi prevale un senso di rabbia e d’indignazione per lo scempio delle candidature regionali. Anziché comprendere l’occasione e far di tutto per coglierla, come ne “il Giorno della Marmotta” il centrodestra sta rivivendo l’incubo emiliano-romagnolo, quando in un’occasione analogamente propizia, scelse comunque di puntare su un’altra “donna del capo” (o meglio del Capitano) anziché su un candidato competitivo, condannandosi ad un’inevitabile sconfitta. Si potrebbe obiettare come non sia la prima volta che, anche in Toscana, il centrodestra giochi “a perdere”. Ma quella odierna è un’occasione unica. Ecco perché, mai come questa volta, si doveva fare di più e meglio. Ecco perché premiare anche stavolta questa logica, adattandosi a votare quel che c’è, che comunque dovrebbe rappresentare il “meno peggio” – per sole ragioni di appartenenza – equivale ad avallare ancora una volta il metodo delle scelte errate e favorire la loro sempiterna ripetizione. Una sconfitta porterebbe di certo amarezza nell’immediato, ma sarebbe l’unico mezzo per rivisitare il contesto ed impegnarsi a ricostruire una opposizione credibile al “sistema” e conseguentemente presentarsi alla successive tornate elettorali con un’alternativa finalmente credibile – non solo nella generica velleitaria e strumentale appartenenza, al grido che ha sempre presa sulle anime semplici (via i comunisti!) – ma di idee, progetti e di interpreti all’altezza, che consenta non solo la vittoria, ma anche il buon governo. Ove la logica del “meno peggio” risultasse premiante e il centrodestra si trovasse a gestire il “governo del cambiamento” in Toscana con gente chiaramente impreparata a tale sfida, garantirebbe un immediato ritorno “in carrozza” a chi c’era prima e soprattutto assicurerebbe il ritorno in soffitta, per un tempo indefinito, del tanto agognato principio dell’alternanza nella nostra Regione. Un elettorato già poco incline infatti, mai confermerebbe la propria fiducia ad un centrodestra che avesse fallito miseramente alla prova di governo. Paradigmatico, in questo senso, l’esempio della Raggi a Roma: diventata Sindaco con la promessa di rimuovere quel grumo di poteri che rendeva la Capitale ingovernabile, ha finito paradossalmente per rafforzarlo: non c’è romano oggi che non si sia pentito della fiducia concessale e che non rimpianga una qualunque delle giunte del passato.
L’unica certezza che ci rende l’esperienza romana è che, per tanti anni a venire, non avremo più un Sindaco grillino nella Capitale. Ecco, se volete che la Ceccardi diventi la Raggi del centrodestra toscano, sapete cosa fare… In caso contrario e senza certo votare a sinistra, la soluzione ognuno potrà trovarla, a proprio modo.