In un eccesso di autostima, Alessandro Orsini  si è lanciato in una considerazione su Mario Draghi.

Gli attribuisce ‘ grossi limiti culturali”. ” È un banchiere che ragiona soltanto in termini economici’

Queste  approssimazioni non facilitano un corretto esame del problema.

Affrontare argomenti importanti in modo sommario e televisivo fa  parte integrante delle vicissitudini  che stiamo attraversando.

In aggiunta definire Mario Draghi ‘ banchiere’ è riduttivo e improprio.

Mario Draghi è uomo di orizzonti molto vasti, che vanno di pari passo a sapere , relazioni, esercizio del potere planetario reale .

È uno dei leader mondiali del liberalismo finanziario, promosso e sostenuto da multinazionali, gruppi bancari e speculativi.

È un attuatore della teoria della prevalenza dei mercati sulle istituzioni, un uomo dotato di capacità operative e culturali non comuni.

E’ personalità fra le più potenti del mondo, portatore autorevole di una schema di società finanziarista  che ha come target il profitto.

Cosa di per sè per nulla disdicevole.

Di per sè, non quando il target economico si sovrappone e sostituisce il target della politica.

Il nodo che sembra non si voglia intendere sta proprio qui.

Draghi è uomo da consigli d’amministrazione in lingua inglese, dove in brevi speech ( li chiamano cosí gli interventi )si decide della vita e della morte ( e non per dire)di popoli e nazioni.

È uno abituato agli ‘yes mister Draghi’e alle osservazioni in proper english dei suoi contraddittori from harvard o simili, non ai distinguo in italiongo di qualche parlamentare frequentatore di Coccia di Morto.

Arriva il giorno  che Draghi si dimette.

Mi rammenta un noto personaggio, grossa personalità estranea alla politica, oggi scomparso, che fu indotto a cimentarsi in un consiglio comunale.

Pensava che dall’alto del suo sapere, della sua indiscussa personalità avrebbe con relativa agilità condotto e dominato i viluppi paesani e di bassa politica che asfissiavano quel comune.

Dopo qualche mese chiamò il partito e disse letteralmente” Mi dimetto. Io in quel gorillaio non ci vado più’.

Gorillaio, termine di rara efficacia e ben poco cattedratico.

Lo stesso per Mario Draghi, giá governatore di una banca centrale, senior member del G30, bussola della finanza mondiale. Doveva sbrigare una pratica in Italia  con il sostegno di ( quasi ) tutti.

Il gorillaio ha travolto anche lui.

Ha sí piazzato le sue cariche esplodenti per affondare l’Italia, secondo i piani.

Avrebbe forse gradito seguire un po’ il processo di affondamento del paese.

Un  ‘ senza cuore’ osserva il lavoro del boia.

Senonchè gli hanno fatto scoppiare i testicoli, attributo di cui è invece dotato.

La nave andrà a fondo come previsto, ma forse lo Schettino di turno potrebbe essere un altro, almeno nominalmente.

Oppure un Draghi vulnerato dai vaffa d’ordinanza che mai aveva  previsto di dover subire.

Sicuro è che non andremo a inutili elezioni, il cui risultato non inciderebbe, nè inciderà, per nulla sul nostro destino, dal momento che è tutto deciso.

Finanza e deep state sanno già dove nave Italia affonderà e quale nave Finanza ci lancerà le scialuppe. Si prenderà in cambio il relitto da adibire a nave appoggio e un malconcio equipaggio  impoverito, fradicio fino al midollo, rassegnato e servile.

Amenochè un imprevisto ribalti il tavolo  in questa realtà che ogni giorno riserva una sorpresa.

Frattanto oggi, con Draghi sulla via già percorsa a mo’ di gamberi da Monti e altri supermen, all’orizzonte i media intravedono la soluzione: Chiara Ferragni  27 milioni di seguaci ( followers)e un’anatema spregiudicato contro la violenza a Milano, nessun pudore nè senso del ridicolo  e un principe consorte di lusso. Il che non guasta .