Sabino Cassese e Federico Fubini forniscono in Corsera l’involontario e preoccupante esempio di come sia eguale a sé stessa la retorica dei regimi totalitari.

Draghi non è Mussolini, né sono possibili paralleli fra le culture del primo e del secondo.

Tuttavia è evidente la similitudine dell’approccio agli argomenti di legittimazione degli stati totalitari. Essi risultano quasi sempre analoghi, se non gli stessi. Sia che gli ordinamenti totalitari siano di genere postdemocratico finanziarista (rispetto formale delle regole democratiche annullate nella sostanza) sia di tipo antidemocratico (abbattimento della democrazia sostanziale e formale).

Si evidenzia anche come sia facile scivolare nel servilismo agiografico da parte dei maestri del pensiero, magari nella convinzione di voler pervenire al risultato contrario.

Cassese sostiene che la presidenza del consiglio Draghi riconduce la carica nel disposto costituzionale (Il presidente della repubblica nomina il presidente del consiglio (art 92 Cost)).

Non come fino a adesso che i partiti hanno indicato al presidente della repubblica il presidente del consiglio da nominare.

Cassese, con un ragionamento che non fa onore alla sua fama, spiega che finalmente è Mattarella che ha scelto il primo ministro così come dice la lettera della Costituzione e che non sono stati i partiti che glielo hanno indicato. Roba da brividi, contraddetta da 75 anni di prassi costituzionale.

Come per i suoi apologeti la postdemocrazia ripristina la legalità e l’applicazione della Costituzione, così per quelli del fascismo, il regime ripristinava i valori della legalità, dell’autorità dello stato, il rispetto dello Statuto Albertino, confermando il parallelo di cui si diceva.

Cassese precisa inoltre che l’agibilità della presidenza Draghi deriverebbe dal fatto che i 2/3 degli italiani secondo i sondaggi gli sarebbero favorevoli, rendendo le elezioni inutili ai fini della legittimazione popolare

Così come nel fascismo si diceva che il popolo amava talmente Mussolini che non c’era alcun bisogno di dar corso ai ‘ludi cartacei’ (elezioni).

Cassese ricorda poi che Draghi gode di credito all’estero e all’interno ha velocizzato le decisioni, eliminato le ‘oscillazioni’ dei partiti, messi gli uomini giusti al posto giusto.

Non c’è agiografia fascista che non rivendichi per Mussolini il suo grande prestigio internazionale e la sua efficienza interna. Del fascismo si diceva che si facevano le cose, si costruivano città, si bonificavano paludi, si realizzavano opere velocizzando i processi, facendo cessare le diatribe fra partiti, mettendo quelli giusti ai posti giusti.

Le giustificazioni e i meriti attribuiti per legittimare e incensare la dittatura e il suo capo sono gli stessi usati per legittimare e incensare la postdemocrazia e il suo leader.

Completa il quadro, ricalco di cose già viste, l’opera di delegittimazione della democrazia parlamentare e dei suoi strumenti, affidata a Fubini.

I partiti sono stati incapaci di costruire progetti politici e di confrontarsi con i cittadini. Così Draghi è stato costretto a farsi carico anche di queste incombenze.

La propaganda antidemocratica diceva, mutatis mutandis le stesse cose e cioè che i partiti democratici erano incapaci di qualsiasi progetto che prevedesse un futuro per il popolo, che tenevano distante, presi com’erano dai litigi e insensibili ai guai provocati e all’immobilismo. Il fascismo aveva fatto cessare ogni forma di rissa, aveva preso in mano il boccino e aveva sollevato l’Italia dalla sua infausta posizione.

Il fenomeno non deve scandalizzare. È’ un passaggio proprio dell’affermazione degli stati totalitari, compresa la indecente forzatura di norme e principi fondamentali.

Sarebbe sufficiente che i cittadini -per Cassese “utenti”- si rendessero conto di essere tali, della strada che è stata intrapresa contro di loro, in modo tanto subdolo, quale sarà il punto d’arrivo e come prendere le contromisure.