Il 12 gennaio 2021 Giorgia Meloni ha rammentato per la prima volta in tv i money transfer. Li ha criticati e ha censurato che fosse stata tolta non so quale tassa a loro carico.

Nel 2010 in Commissione speciale anticontraffazione della Camera dei Deputati, fu sentito (i burosauri e gli intenditori farlocchi dicono “audito”) il comandante generale della Guardia di Finanza. Egli spiegò che nel sistema di protezione del controllo dei flussi di denaro vi era una falla enorme: i money transfer.

Spiegò che se fossero stati aboliti, la produzione contraffattori, vera piaga del made in Italy, si sarebbe ridotta in brevissimo tempo, almeno del 90%.

Aggiunse che la criminalità’ organizzata sia nazionale, che quella straniera che aveva messo radici (Nigeria, Cina etc.), avrebbe subito un colpo serissimo.

In breve veniva comunicato da chi sta sul campo che l’abolizione dei money transfer era la vera chiave di volta per infliggere un colpo mortale alla criminalità e un vero toccasana per l’economia nazionale. Roba grossa.

Senza andare nel profondo, i money transfer sono quei luoghi, spesso gestiti da connazionali dei clienti, che vengono utilizzati per i trasferimenti di valuta verso i paesi di provenienza dagli stranieri che non dispongono di conti correnti.

In teoria, essi dovrebbero fornire un servizio utile. In realtà favoriscono ogni tipo di illegalità’, specialmente in un regime restrittivo nell’uso del contante.

Infine consentono utili e risparmi ragguardevoli al sistema bancario che ne ha organizzati di propri e è esentato dal prestare servizi sottocosto, se non gratuiti.

In quella Commissione si convenne in modo unanime sulla giustezza delle parole dell’alto ufficiale.

Fu rilevato che si sarebbe potuto redigere una proposta di legge per l’abolizione dei money transfer, sottoscritta da tutti i membri della Commissione stessa.

In questo modo la proposta di legge avrebbe avuto un iter parlamentare fulmineo.

Mi fu dato incarico di redigere il testo della proposta. Mi documentai per essere preparato, sempre più almeno come gli ” uffici”. Mi adoperai e scrissi coi funzionari addetti il testo della proposta di legge.

Scrissi anche la cosiddetta “relazione”. In realtà la relazione al provvedimento, aveva poca farina del mio sacco, poiché’ era, nella sostanza, la riproduzione del verbale dell’audizione in Commissione del Comandante generale della Guardia di Finanza.

Tranne l’on. Giovanni Fava nessuno mi restituì la sua firma, accampando scuse, le più varie.

Come se non avessi saputo cosa era accaduto nel frattempo.

Infatti ero stato ripetutamente abbordato da una società’ di lobbying che era ansiosa di ‘spiegarmi‘ quanto quella proposta fosse ‘sbagliata.’

Agli altri colleghi o a chi per loro, evidentemente lo avevano spiegato benissimo.

Quando in seguito, sia durante quella legislatura che nella successiva, accusai alla Camera dei deputati, in tv, nei media in generale, di collusioni e connivenze, nessuno, ripeto nessuno, osò mai fiatare. Neppure Giorgia Meloni e i suoi.

Episodio, grave quanto poco conosciuto.

Riproposi la legge pari pari nella legislatura successiva. Ne parlai più e più volte alla Camera, in Commissione, in tv. Silenzio tombale.

A 11 anni di distanza e a buoi scappati, prima un quotidiano economico di prima fascia propose timidamente di porsi domande sulle falle criminogene, insite nel sistema dei money transfer.

Silenzio fino al richiamo tenue e tardivo di Giorgia Meloni.

È lecito domandarsi perché’ un elemento tanto importante e dirompente venga portato in evidenza, proprio ora e così en passant. Chi è avvezzo alle tracce e alle sotto tracce lo sa bene. Ma mi pare chiaro che 11 anni di silenzio, il mancato sostegno a una battaglia ignorata e fondamentale, parlino da soli.

Nessuno può risvegliarsi come la vergine stupefatta, meravigliata dell’accaduto, lasciato allignare in silenzio per oltre un decennio.

Gli accenni tardivi non attenuano una mancanza tanto vistosa. Anche se la sottovalutazione del problema fosse figlia della sola superficialità imperante nel mondo della politica di questo periodo.

C’è sempre un giudice a Berlino o più prosaicamente chi, attento, mette le righe al pallaio. E dimostra come al di qua non ci sia nessuno. Ma proprio nessuno.

Federisarca tutti una barca.

Purtroppo. Purtroppo. Purtroppo un milione di volte