“Ringraziamo l’amico Alessandro De Angelis giovane vicedirettore dell’Huffington Post per aver concesso a LA VOCINA la pubblicazione della sintesi del suo pezzo apparso nel suo giornale on line. Abbiamo chiesto ad Alessandro di poter riportare la sintesi dell’articolo non tanto per le critiche al governo, scampolo di politica spicciola, che a La Vocina interessa in minor misura. Lo abbiamo chiesto perché’ è una testimonianza della retrocessione della politica nazionale. Ci siamo immaginati Togliatti, Natta, Berlinguer, lo stesso Occhetto o D’Alema, segretari del maggior partito della sinistra di fronte a una situazione come questa. Non si sarebbero certo lamentati coi colleghi di partito o sfogati con giornalisti seppur di prima qualità. Né avrebbero confidato nella buona sorte per andare al voto. Avrebbero dopo opportuna delibera degli organi centrali, ripetuta con le stesse parole in ogni anfratto istituzionale del paese, tanto da diventare una martellante verità, messo all’indice maggioranza, governo, alleati e sarebbero come per magia diventati i giustizieri del loro stesso governo, salvatori del lavoro e della democrazia.

Invece Zingaretti fa la figura del poveretto senza potere, senza possibilità di scelta, a capo di non si sa cosa, in balia del destino e di volontà diverse e estranee alla sua. Forse, anzi sicuramente quelli erano personaggi di maggior peso, ma altrettanto sicuramente c’è la fine delle logiche della politica, degli strumenti della democrazia, della qualità e della capacità di tutto un sistema che sembra in crisi irreversibile e che richiederebbe una rivisitazione profonda, per il recupero di regole, credibilità, capacità di funzionamento.

La Redazione

 

Di Alessandro de Angelis (sintesi)

Il segretario del Pd crede sempre meno nel Governo. “Non c’è politica sull’immigrazione, non c’è niente. Ma magari si andasse a votare” ….

…è lapalissiano, che se dici “servono politiche adeguate” pensi che quelle politiche sono state inadeguate. E se questa cosa la dice il segretario del Pd, aggiungendo che quanto sta accadendo oggi sui migranti era anche piuttosto prevedibile, la dichiarazione in questione è una certificazione di un fallimento, un modo per mettere agli atti l’ennesimo “io l’avevo detto”. “Ma no – ha spiegato Zingaretti ai suoi – io non ce l’ho con la Lamorgese, il punto è che la politica sull’immigrazione non è solo una questione di repressione e sicurezza. Qui non c’è un’idea di politica economica, non c’è una politica estera, non c’è chi parla con i Comuni per la questione degli Sprar, non c’è un…”

Parole che non sono una linea, ma quasi una certificazione di rassegnazione, ripetute quasi quotidianamente, il che, al netto dell’umore di giornata, dà l’idea che il segretario non crede nel Governo, anche se non vede alternative e, magari, non ha la forza per crearne.

In altri tempi una dichiarazione di inadeguatezza del Governo da parte del capo della sinistra avrebbe fatto bollire i telefoni nelle principali stanze nei Palazzi. Invece, questa è la novità dei costumi odierni, stavolta ha prodotto una commedia dell’assurdo. Perché anche Di Maio, pur tirato in causa, “è d’accordo” sui limiti del Governo, anche se per motivi diversi rispetto a quelli di Zingaretti, anche Franceschini sa che di immobilismo si muore, tutti lo sanno, ma l’incastro è perfetto, nessuna emergenza annunciata è governata, al netto della retorica sulla valanga di soldi in arrivo. Spiegano ai piani alti del Nazareno: “Sì, stiamo donando il sangue. Se le cose vanno bene è merito di Conte, quando vanno male si rivolgono tutti a noi. Hai presente sketch sull’Avvocato di Proietti?”.

A voler fare una graduatoria della soglia di allarme, mettiamola così: sui migranti magari resuscita Salvini, ma se si fallisce sulla riapertura dell’anno scolastico è complicato, dopo la bocciatura avere una prova d’appello. Sarà anche perché è presidente della Regione, e come tale ha il polso dei territori, ma Zingaretti, su questo capitolo, pensa che possa succedere un’ira di Dio. Dicevamo, altra dichiarazione, che resterà agli atti, come quella di oggi, e come quella di dopodomani. Un po’ come quando si rompono le righe di fronte a un disastro annunciato. Ognuno, diciamo, lascia agli atti, confidando sulla clemenza verso chi, in fondo, l’aveva detto.