C’è una questione che l’Ue finge di ignorare, e che potrebbe essere ben definita il teorema di Catalano: prima dei movimenti secondari dei migranti – per i quali l’Italia è costantemente messa sotto accusa – esistono quelli primari, che attengono alla difesa dei confini esterni e andrebbero affrontati a livello comunitario. L’annunciata linea dura del governo per ora è rimasta sulla carta, nonostante la stretta sulle Ong: gli sbarchi nel primo mese di quest’anno sono infatti aumentati di quasi duemila unità rispetto al 2022, e senza un’azione coordinata per bloccare le partenze e attivare canali legali di ingresso tutto resterà come sempre. Inutile nascondere che sarà un percorso accidentato, perché sul fronte delle migrazioni l’Europa resta una babele inesauribile di contraddizioni, a partire dal ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Vediamo.
Il Consiglio d’Europa, con una lettera ufficiale, ha esplicitamente chiesto al governo italiano di rivedere il decreto legge sulle Ong per renderlo conforme “agli obblighi del Paese in materia di diritti umani e di diritto internazionale”. Pollice verso anche sulla decisione di dirottare le navi cariche di migranti in porti del centro e del nord Italia e sulla collaborazione con la Libia. Una bocciatura totale, insomma, della politica migratoria del governo che stride però apertamente con la recente posizione della Commissione europea espressa in un piano molto più vicino alle richieste italiane rispetto al passato. Il documento prevede infatti di “rafforzare le frontiere esterne” aiutando gli Stati di confine e di “potenziare il supporto per le attrezzature e la formazione di Tunisia, Egitto e Libia” fornendo loro più motovedette “per monitorare le acque territoriali e riportare a terra i profughi intercettati”. Un programma in linea col memorandum Italia-Libia appena rinnovato per altri tre anni, che ha l’obiettivo di fermare i flussi migratori verso l’Ue. Il Consiglio d’Europa ci chiede invece esattamente l’opposto, ossia di interrompere ogni collaborazione con la Libia, a proposito di schizofrenia comunitaria.
Anche sulle Ong, alle quali il decreto del governo impone di interrompere la sistematica attività di recupero dei migranti davanti alle coste libiche e tunisine per portarli esclusivamente in Italia, gli organismi dell’Unione procedono palesemente in ordine sparso. Mentre il Consiglio d’Europa le difende a spada tratta, la vicepresidente Schinas ha detto testualmente che “le operazioni nel Mediterraneo e altrove non possano essere gestite in una situazione da Far West”, dove tutti fanno ciò che vogliono, e che serve quindi un coordinamento per tutelare gli Stati membri interessati. Dalla Commissione c’è stata anche un’insperata apertura sulla possibilità di coinvolgere gli Stati di bandiera sulla gestione delle navi delle Ong, come chiede l’Italia. La nuova rotta comunitaria, nonostante le troppe spinte contrapposte, sembra dunque dirigersi sulla strada di una maggiore intransigenza contro il traffico di esseri umani attraverso tre obiettivi prioritari: presidiare le frontiere esterne utilizzando anche i fondi del bilancio dell’Unione, rafforzare i rapporti con i Paesi da cui partono i migranti per fermare i flussi all’origine, e facilitare i rimpatri, finora in larga parte inattuati. Vedremo subito nel summit di questa settimana se è in arrivo l’ennesima fregatura.