Cosa si cela dietro l’ideologia green europea? È follia lucida o inconsapevole, oppure è in atto un mefistofelico disegno al servizio della geopolitica dominante di qualche potenza straniera? Colpire
l’automobile, mentre analogo attacco viene sferrato alla casa, con diktat tanto astrusi quanto improponibili nel solco di un estremismo ambientale che non servirà a salvare il pianeta significa pianificare desertificazione economica e disastri sociali. È dunque legittimo chiedersi perché.
Le ideologie infatti nascondono sempre concreti interessi, sono figlie dei processi storici e i processi storici sono guidati dagli interessi dominanti. E quale interesse si cela nel predisporre il suicidio dell’industria dell’auto europea, che ha la sua eccellenza nella specializzazione produttiva sul diesel? D’ora in poi, a causa del monopolio elettrico, non saremo più padroni delle nostre tecnologie di base ma le dovremo importare, con una drammatica cessione di sovranità tecnologica alla Cina. E’ in atto, in tutta evidenza, l’assalto finale del capitalismo emergente al fortilizio produttivo della vecchia Europa, con la sua imbelle complicità.
È questo, in tutta evidenza, il (non)senso del voto dell’Europarlamento che ha messo al bando i veicoli a combustione interna dal 2035 a favore di quelli elettrici, in applicazione del documento “Fit for 55” presentato dalla Commissione europea per combattere i cambiamenti climatici e decarbonizzare l’economia continentale.
Già, perché così l’Ue ha deciso di passare dalla dipendenza dal gas russo alle materie rare cinesi, visto che quasi il 90% delle terre rare e il 60 % del litio sono lavorati in Cina, e che tutta la componentistica per le auto elettriche è in mano quasi interamente a Pechino. Un suicidio voluto dalle sinistre, con in prima fila quella italiana, che avrà un impatto negativo non solo in termini produttivi e occupazionali, ma anche, paradosssalmente, ambientali, perché il resto del mondo non ci seguirà. La transizione ecologica è un approdo condivisibile, ma deve essere compatibile con la sostenibilità economica e sociale, e invece la politica europea ricorda da vicino i fallimentari piani quinquennali dell’Unione Sovietica prefigurando la perdita di un numero incalcolabile di posti di lavoro e consegnerà un altro enorme vantaggio competitivo alla Cina. Siamo dunque di fronte a una scelta irresponsabile, contro cui si è fortunatamente saldato l’asse Popolari-Conservatori, ossia l’auspicabile maggioranza nel prossimo Parlamento europeo che potrà porre rimedio a questo disastro annunciato salvando la nostra industria automobilistica ed evitando che il mercato torni indietro di un secolo, quando le auto erano solo un lusso per ricchi.
Ma la vera beffa sta nel fatto che l’elettrico inquina almeno quanto i motori a combustione a causa dell’energia aggiuntiva necessaria per produrre le batterie, oltre allo smaltimento delle stesse batterie, senza contare la difficoltà di costruire milioni di centraline di ricarica.
Un autentico salto nel buio a cui si aggiunge l’intervento in arrivo sulle cosiddette case green: la direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia impone infatti di ristrutturare entro il 2033 tutti gli edifici nelle classi E, F, G degli immobili residenziali in Italia. Se non interverranno modifiche, ci sarà così un inevitabile deprezzamento degli immobili “inquinanti” e l’aumento esponenziale sui costi dei materiali.
I tempi previsti, poi, sono del tutto irrealistici, visto che in Italia undici milioni di abitazioni, cioè il 74%, sono in classe energetica inferiore alla D.
Insomma, abbiamo la prova provata che il gretismo è la malattia senile del Vecchio Continente. Amen.