Cara Giorgia,

ti scrivo queste poche righe da vecchio militante di destra, senza tessera dal 2009; non ho mai vissuto per restaurare i fantasmi del passato, né tantomeno utilizzato feticci che richiamassero al fascismo. Da poco più che adolescente ho semplicemente aderito, nel 1977, alla destra italiana, per alcuni valori come la legalità e l’identità nazionale che nulla hanno in comune con il sovranismo. Ho sposato con entusiasmo la svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini e ho assistito, come in un piano inclinato, ad una lenta ma costante regressione. La destra non è stato in grado di interpretare il salto d’epoca,  non è stata capace di  attualizzare i valori di riferimento, di rinnovarsi nella propria classe dirigente. Non ti sei preoccupata, sapendo che sarebbe arrivato il tuo turno al governo dell’Italia, di selezionare chi ti circonda e non di limitarti a garantire solo una qualità: l’essere fedeli al Capo o alla Capa. Non vi siete preoccupati della divaricazione tra politica e cultura ed è stata uno degli errori imperdonabili della destra italiana perché è impensabile che il braccio possa fare a meno della mente, nell’ idea perversa che un partito o movimento politico possa sopravvivere con la semplice gestione del potere o utilizzando i “Pensatori” (pochi) solo nei momenti difficili e nei tanti momenti no. Un convegno sulla cultura non azzera il problema.

Ora, cara Giorgia, sei alle prese, ogni giorno, per tamponare le gaffe dei tuoi che non riescono a concentrarsi sul tanto lavoro da fare ma ritagliano troppo tempo a dare aria ai denti.

Non è la destra che ho sognato e non credo che si possa rimediare oggi con questa classe politica che ti ritrovi e con una politica volta ad agevolare i ladri e gli evasori fiscali.

Immaginavo una destra che guardasse al giusto equilibrio tra autorità e libertà, tra diritti e doveri.

Amedeo Giustini