Un tormentone degli scorsi due anni pretendeva che la cosiddetta pandemia da Covid avrebbe mutato radicalmente usi e costumi (almeno nel mondo occidentale). Che tale sentenza sia stata propinata al principio dell’emergenza, ne rende evidente l’artificialità: e la fretta con la quale buona parte della popolazione (insomma: coloro i quali, almeno durante i periodi di minor emergenza, non si sono lasciati inghiottire dal terrorismo mediatico) è accorsa, a ogni allentamento delle restrizioni, nei ristoranti, o agli spettacoli, o nelle mete turistiche, smentisce facilmente tale predizione.

L’umanità è cambiata? Forse: comunque, non del tutto. Alcuni aspetti, a ben vedere, sono stati (artatamente) modificati: è stato per esempio accelerato il percorso della globalizzazione – si pensi per esempio all’enorme incremento del commercio online. O alla prepotenza del pensiero unico, della comunicazione del politicamente corretto, tanto più pervasivo dato l’aumento del tempo trascorso su internet.

È cambiata la politica: come sta succedendo con la globalizzazione, il Covid non è l’elemento decisivo di questo mutamento; comunque, ne ha accelerato e agevolato la trasformazione. In accezione, sia per la globalizzazione che per la politica, totalitaria. Maurizio Bianconi, aretino nato subito dopo la IIa Guerra, una vita dedicata alla politica: dalla militanza missina, cominciata nella preadolescenza con la Giovane Italia, sino ai mandati da deputato con un centrodestra (passando per il consiglio comunale della città natìa e per quello regionale) nel cui alveo non si è mai accomodato, non ci sta: e spiega come il rifiuto della politica stia rovinando le nazioni europee.

Bianconi auspica un rinnovamento della democrazia (neo-, non post-) e perciò ribadisce e rivendica il primato della politica, per salvarsi da coloro che Craxi nei suoi fax da Hammamet denominava “burosauri”: gli euro-tecnici (e con loro, politici di sinistra – Bersani – e tecnocrati travestiti da esponenti di centrosinistra – Prodi) che, presentati come salvatori dell’Italia (i due Mario: Monti più disordinatamente, Draghi più sofisticatamente) non hanno avuto alcuna remora nell’imporre un piano di cancellazione delle identità locali, attraverso la distruzione delle piccole e medie imprese. Alla postdemocrazia dei tecnocrati e della BCE, Bianconi risponde non con il sovranismo improvvisato (e quasi subitamente abbandonato) dagli euroscettici d’accatto, ma con la proposta della neodemocrazia: quella tra post- e neo-democrazia, dice Bianconi, “non è soltanto una scelta politica: non pare il caso di lasciar fare, lasciar correre; o peggio, confidare nel prossimo Superman che sbarcherà alla Stazione Termini con la borsa piena d’inganni e d’un repertorio di fascinose frottole”.

Il suo libro è un invito a “non arrendersi per chi si addentra nella politica, per chi la studia, la sogna, la vuole fare, per chi ha capito i pericoli della postdemocrazia, che si fa chiamare e vuol sembrare democrazia, ma che è l’avvento del più insidioso fra i regimi negatori di diritti e libertà: quello contro il quale sarebbe impossibile, e persino inutile, ribellarsi”.