Silvio Berlusconi è stato la prova vivente che non si nasce tutti eguali. C’è chi nasce “più” e chi “meno”. Non di dignità sociale, ma di ambizione, sagacia, fortuna, capacità, applicazione, intelligenza, attitudine al rischio, ansia di successo e di primato.

Si nasce “più” e “meno” anche per faccia tosta, propensione alla menzogna, a praticare scorciatoie, solleticare i vizi e le debolezze altrui, mettere in pratica l’indispensabile determinazione. Berlusconi è nato “più”, nei pregi e nei difetti. Dal frullatore è uscito un personaggio straordinario (extra ordinem), capace. Anzi capacissimo sì, ma di tutto.

Eccelse in ogni campo nel quale si applicò. Ma nella realtà a lui uomo eccezionale, interessava un solo territorio. Quello dove contava il primato negli affari e nell’impresa. 

Un giorno quando con quel tasso di microimprontitudine che anch’io ho, gli chiesi se non volesse passare alla storia come uno statista, uno che aveva cambiato i destini del suo paese, piuttosto che come il più ricco degli italiani, non mi rispose ma mi guardò come si guarda un marziano, un alieno, capitato non si sa come nel suo salotto romano. 

Un’altra volta (io insistevo, convinto come sono ancora che un Berlusconi dedicato alla politica avrebbe cambiato l’Italia) mi mise a tacere e mi disse «Ma lo sai quanto mi è costata quest’anno la politica?» E pronunciò una cifra enorme. Poi nel timore di sembrare un incapace precisò «non di perdite, di mancati utili».

Berlusconi era semplicemente fantastico nei rapporti umani: amabile, affabile, cortese. Un giorno mi disse «Maurizio, quando hai tempo, telefonami perchè vorrei stare un po’ a parlare con te. Se non ti disturba e se non ti dispiace». Roba da cinema. Ti veniva ad accogliere, ti parlava con affetto, ti metteva a tuo agio. Dote tanto naturale quanto efficace. 

Penso che non ci sia nessuno che metta in dubbio il suo fascino, il suo savoir faire, la sua capacità di accattivarsi il prossimo.

Era anche un bugiardo incallito. Uno che lo conosceva benissimo gli diceva spesso «Te non sei Pinocchio. Sei Collodi, quello che i bugiardi li ha inventati». Aveva la caratteristica clou del bugiardo di qualità: credeva alle sue bugie. Nella sua testa una volta costruite e dette erano verità assoluta. Ci avrebbe giurato sopra . 

Faceva parte dell’aspetto “folle“ del personaggio, che non si poneva limiti e sotto sotto riteneva di avere il potere di costruire la verità e così di cambiare gli accadimenti a suo piacimento e a suo pro.

Era amabile anche in questo e troppi sono gli aneddoti al proposito. Nonostante le sue convinzioni, di donne non si intendeva molto, anzi. Infatti gli scivoloni più significativi sono stati in quel campo. Però non ci fu mai chi glielo disse, anzi tutti ruffianamente lo circondavano di battute e lodi spesso grossolane e improprie, che purtroppo non disdegnava. 

Un campo invece nel quale eccelleva era il gioco del calcio. Intenditore vero di dinamiche societarie e interne, esperto del gioco in sè , rapporti sportivi e tutto il resto. I risultati, contrariamente al settore femminino, sono tutti dalla sua parte.

Infine la politica. Dicono che abbia segnato un’epoca. Io penso che l’epoca la segnò nel rischio che seppe prendere nel campo delle tv private. Fece centro e lì sì che segnò un’epoca. 

In politica ha fermato un’avanzata che in Italia era inibita dal fattore K. Fu come la dc nel 1948. Offrì anch’esso, come Luigi Gedda a suo tempo, un contenitore per chi non voleva “i comunisti”.

La dc costò all’Italia uno sviluppo anomalo della prima repubblica, Berlusconi uno sviluppo anomalo della seconda. Un po’ per sua responsabilità (visione unipersonale del contesto), molto per responsabilità altrui (servilismo dei suoi, persecuzione senza pari, attacchi personali dissennati, deviazioni della magistratura). 

La caratura politica del suo cambiamento fu un’eterna promessa mai realizzata, la visione di una destra poco condivisibile che non potè, anche a causa sua, svilupparsi e radicarsi. 

Interpretò, come tutto nella sua vita, il suo agire politico come l’affermazione della sua personalità e la tutela dei suoi interessi, un’avventura di un uomo e non la realizzazione di un grande progetto. 

Non penso che riposi in pace, nè che la terra gli sarà lieve: metterà a soqquadro il luogo che l’ospiterà e chiederà a chi comanda di farsi da parte e di lasciare a lui il posto.