Esprimere giudizi sensati in materia di politica estera è complesso sic stantibus rebus, farlo con una guerra in corso credo sia praticamente impossibile. Nel caso di specie le variabili che determinano gli eventi sono talmente complesse e intricate che concionare in modo tranchant schierandosi da una parte piuttosto che dall’altra è un mestiere che lascio volentieri a chi lo fa di professione. Se poi di mezzo c’è la Russia (che già Churchill ebbe a definire “un indovinello, avvolto in un mistero, all’interno di un enigma”) tutto diventa più magmatico e incomprensibile. Ma riconoscere che la storia, e soprattutto i giudizi su di essa, necessitino di tempi lunghi e sedimentazioni, spesso dolorose, non vuol dire esimersi dal cercare di capire, ponendo alcuni punti fermi, il marasma che stiamo vivendo. Innanzitutto la consapevolezza che viviamo nell’epoca in cui le previsioni sono finite, almeno da una parte del globo. Un’epoca di reset continui in cui si possono al limite solo immaginare scenari.
Alle soglie del nuovo millennio chi mai avrebbe potuto immaginare una guerra non ai confini dell’impero (alla “Afghanistan-maniera” per intendersi) tanto cara agli americani, ma proprio alle porte del cuore pulsante dell’Europa. Lo scenario non mi sembra né troppo apocalittico né fantascientifico se da una parte abbiamo la Russia (leggi sopra) che rifornisce per quasi la metà il vecchio mondo di materie prime, alleata con la Cina e i suoi quasi due miliardi di abitanti laboriosi e pazienti, e dall’altra le gracili democrazie occidentali tenute insieme da istituzioni burocratiche e finanziarie del tutto inadeguate però a fronteggiare crisi epocali come queste ma semmai solerti nel decidere il grado di acidità dello yogurt da vendere al supermercato.
Ovviamente la scienza del “poi” non è data e non credo si possa comprare ma guardandosi indietro si arriva facilmente alla conclusione che un disastro, se visto al microscopio, è fatto di infiniti, piccolissimi, errori. Sgombriamo il campo da fraintendimenti però. È vero che le cause determinano gli effetti e non si capiscono i secondi senza le prime ma poi intervengono i fatti. E i fatti sono testardi. Qualunque sia la causa dell’attacco russo all’Ucraina è un fatto che c’è uno stato oligarchico e accentratore che invade e una nazione sovrana che viene invasa. Altrimenti con il famoso “senno del poi” anche l’annessione dei sudeti da parte di Hitler e la questione legata al corridoio di Danzica erano del tutto giustificabili. Ma non a tal punto da supportare quel che ne seguì.
Che conclusioni trarre? Non ne ho la più pallida idea se non quella che si debba navigare a vista. E mentre lo si fa ripensare l’Occidente nel profondo. Di sicuro chi ci doveva difendere e garantire pace e serenità ci ha reso più poveri e insicuri senza esimersi dal macchiarsi di crimini tali e quali quelli di cui si sta macchiando Putin adesso.