“Se obbligassimo tutti i bambini del mondo a lavorare 20 ore al giorno nelle fabbriche e nelle coltivazioni agricole  il pil globale crescerebbe di certo”.

Angus Deaton, premio Nobel 2015, si è ricreduto sulla valorizzazione quantitativa come metro della crescita.

La frase è una lezione di sociologia più che un esempio di un errore della macroeconomia.

Pone il quesito su quale gerarchia valoriale possa prevalere in una comunità nella quale il raggiungimento del target conclamato può portare anche a mostruosità del genere. Peraltro del tutto in chiave con il fine di aumentare il volume della ricchezza e i margini di profitto.

Non è un caso che le istituzioni abbiano determinato che nel conteggio della ricchezza degli stati vadano inclusi i fatturati della produzione e scambio di sostanze stupefacenti, della prostituzione, del contrabbando.

In un contesto dove lo scopo è raggiungere obbiettivi quantitativi di utile e di ricchezza in circolazione, ogni cosa anche la più orrenda può accadere per soddistare l’utile proprio, qualunque esso sia.

Questa aria malefica è talmente diffusa e ammorbante che si è insinuata ovunque e appanna anche nei migliori i fondamenti della convivenza a favore del proprio profitto, dei vantaggi personali, dell’appagamento di ogni desiderio e pretesa.

In questo senso la responsabiltà di ogni crimine ricade sulle spalle di tutti. Cattivi maestri e ottimi allievi, buoni e malvagi, di ogni sesso e orientamento, sessuale e culturale.

Craxi in un celeberrimo discorso alla Camera dichiarò che tutti i partiti avevano introiti non ufficiali e sfidò a dichiarare chi ne fosse esente. Tutti tacquero. Pensava di aver dimostrato e confermato il principio ‘todos culpables, todos caballeros’.

Non era e non è cosí.

Libero arbitrio e regole di convivenza scolpiscono principî ineludibili come ‘ciascuno è il responsabile delle proprie azioni’ e ‘la responsabilità penale è personale. ‘

Omicida è chi uccide, sequestratore chi sequestra.

Tutto il resto ha valenza nei piani alti del ragionamento sociologico e in quelli bassi della diatriba da bar o del suo recente succedaneo: il talk show.

In questo senso il ragazzo che ha ucciso la ragazza è solo insieme alle sue terrificanti responsabilità.

Si fanno e si faranno tutte le elucubrazioni possibili. Ci sarà perfino chi cieco all’evidenza di genitori distrutti e dabbene, troveranno l’ardire di attribuire loro una qualche colpa.

La comunicazione indifferenziata e i mezzi che oggi fanno di qualsiasi imbecille un impavido free lance è una tenia insaziabile capace di ingurgitare ogni porcheria e di  vomitarne i residui su un pubblico, webete quanto coloro che scrivono.

Inescusabile rimane lo spettacolo dei politici che si azzannano intorno al cadavere della vittima.

Ansiosi di farne la protagonista di una rappresentazione del circo della politica, attribuendo responsabilità, rivendicando meriti, dispensando sentenze a pro del dichiarante e delle sue dottrine e cariche di sdegno per le parti avverse.

Non manca chi evoca la punizione sacrosanta di un dio vilipeso e negletto da una politica che caldeggia comportamenti permissivi primi responsabili di tragedie consimili.

Prese di posizione, relitti di istituzioni  a brandelli che galleggiano in un mare maleolente di una democrazia ormai inaridita e bolsa.

Come ci  viene autorevolmente ricordato “. . . i vincoli internazionali della finanza e dei mercati, le decisioni che vengono prese a Bruxelles o a Francoforte, restringono i margini di azione. . . e. . costringono i partiti a occuparsi di altro per darsi  una ragione di vita “.

Dal tempo metereologico, alle conduzioni televisive, ai pettegolezzi, ai fatti di cronaca, agli show, tutti sono diventati prati per i pascoli partitici.

Errata pare la risposta di un governo che, anzichè rimanere dignitosamente estraneo sia alla bagarre sia alle inopportune polemiche, si affanna quasi a discolpa a preannunciare leggi salvatutto in tema di femminicidi.

A completamento del quadro, media scatenati sul carosello politico intorno alla tragedia.

Proprio vero che a certi snodi la vita pone dinanzi, in una sorta di tempesta perfetta, tutto il veleno che la società è in grado di esprimere, vomitandolo addosso ai cittadini molti dei quali non disdegnano la doccia permanente di ogni  liquame possibile.