Il Pd si sta avvitando anche sulla legge Zan, trasformata in un manifesto politico-ideologico a cui il cattolico Letta ha messo il suo sigillo, confermando anche in questo la piena continuità con la segreteria Zingaretti. L’ultimatum che ha lanciato davanti al gruppo del Senato, riprendendo acriticamente quello delle Sentinelle, ha del surreale: il tempo è scaduto, e quindi è vietato modificare il testo uscito dalla Camera, come se su un tema così sensibile e complesso si potesse elidere la volontà di un ramo del Parlamento in nome dell’integralismo relativista e della lotta del Bene contro il presunto Male. Un passo avanti in questo senso lo ha fatto nei giorni scorsi la Commissione Giustizia, con una forzatura politica e regolamentare che ha disgiunto il ddl Zan da tutti gli altri testi, anche quelli migliorativi presentati dalla sinistra. Ma il muro contro muro rischia di riservare amare sorprese nei voti segreti in aula, visti i diffusi malumori emersi nella stessa assemblea dei senatori democratici. Già, perché la riunione di gruppo è stata tutt’altro che serena, per usare un aggettivo che a Letta provoca ricordi non esaltanti. Le critiche sono state molteplici, dal riferimento all’identità di genere invece che all’identità sessuale, al fatto che una legge penale non può contenere concetti di prevenzione culturale, alla richiesta dell’ala femminista di lasciare fuori dal testo la violenza sulle donne, le quali vengono considerate alla stregua di una minoranza, col rischio di approvare una legge in contrasto con gli obblighi assunti dall’Italia sottoscrivendo la Convenzione di Istanbul.
Valutazioni che in parte coincidono con quelle del centrodestra, che ha presentato un testo alternativo che aggrava il sistema sanzionatorio nei confronti dell’omotransfobia prevedendo l’aumento delle pene “in caso di discriminazione e violenza”, in ragione “dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità, sesso, orientamento sessuale, età o disabilità della vittima. La ratio è estremamente chiara: la violenza non può essere mai fatta a nessuno per nessun motivo, ma il compito del diritto penale è quello di attenersi alla materialità dei fatti, non potendo essere utilizzato per promuovere valori etico-culturali, pena un’inammissibile ricaduta nell’indeterminatezza della fattispecie di reato che, secondo l’articolo 25 della Costituzione, deve rispettare precisi requisiti di tipicità. Invece la legge Zan, pur precisando di voler salvaguardare la libertà di pensiero, lascia un ampio margine di discrezionalità ai magistrati e rischia di introdurre, al di là delle buone intenzioni, un reato di opinione illiberale e inaccettabile.
Ma a sinistra persiste la pretesa morale di affermare i diritti attraverso l’intolleranza, per cui chi dissente viene automaticamente accusato di essere “razzista e sovranista”. E anche chi, come Alessandra Mussolini, si è detto favorevole, è stato sdegnosamente respinto in nome dell’antifascismo. Insomma: se sei contro la legge Zan sei considerato un fascista, ma se sei di destra non puoi esprimerti a favore della legge Zan. Questa è l’aberrante legge del Pensiero Unico.