Ci risiamo: un’altra legislatura è partita con la sinistra in piazza contro il pericolo fascista. “Il Pd è ovunque si difende Costituzione”, ha detto ieri Elly Schlein a Firenze parlando a fianco di Conte, ossia l’ex premier che ha guidato il governo più a destra della storia repubblicana – quello gialloverde – ma che con un magistrale colpo di trasformismo si è anche riscattato capeggiando quello più a sinistra insieme al Pd. Basterebbe solo questo per dare un tocco surreale alla manifestazione antifascista che ha visto sfilare i soliti noti, dall’Anpi all’Arci, dalle Acli alla Cgil, contro un pericolo assolutamente inventato, incarnato da un ministro (Valditara) che col regime non ha nulla a che spartire neppure nell’albero genealogico, visto che suo padre era un partigiano. Ma quando parte, la sperimentata macchina della disinformazione non si ferma mai, e la verità sullo scontro tra opposte fazioni davanti al liceo Michelangelo è diventata solo quella che fa comodo alla sinistra, cioè un assalto squadrista nero di fronte al quale è necessaria la mobilitazione generale “a difesa della scuola come presidio antifascista”.
Silenzio di tomba invece sul pestaggio degli squadristi rossi dei centri sociali di Bologna che hanno preso a bastonate i militanti di Azione Universitaria, sui Collettivi che presidiano con metodi violenti la Sapienza per decidere chi deve parlare o no, oppure sui bravi ragazzi del liceo classico Carducci di Milano che hanno esposto le immagini della premier e del ministro dell’Istruzione a testa in giù. O, infine, sul corteo di anarchici che hanno devastato vetrine e lanciato bombe carta a Torino. Per convenzione, la violenza da condannare è sempre solo e soltanto quella di destra. E’ questo il messaggio distorto lanciato dai leader della sinistra a Firenze, con una serie di motivazioni distorte, sbagliate, strabiche e perfino inquietanti come “i fatti confermano che ci sono forze che ancora rifiutano l’impianto valoriale della Costituzione”, “il loro senso di marcia è chiarissimo, non servono altri segnali”, “l’intervento del ministro Valditara ha disvelato una volta di più le pulsioni ideologiche e culturali di questo governo”. Tutte parole d’ordine coniate per creare un nemico che non esiste – il rischio di una nuova dittatura fascista – e riaccendere gli animi dell’estremismo politico che cerca solo pretesti per riaprire una stagione di violenza politica. In questo clima, indignazione artefatta e intolleranza vanno a braccetto, e si demonizza chiunque non si adegua alla narrazione comandata, com’è successo alla professoressa che ha rifiutato di firmare la lettera di solidarietà alla preside fiorentina “antifascista” perché vi vedeva delle falle logiche, storiche e giuridiche.

Se è davvero questa la nuova frontiera del Pd movimentista, significa che siamo di fronte a una regressione politica (e storica) che mette in discussione anche i faticosi passi avanti compiuti dalla sinistra sulla strada di una democrazia finalmente compiuta, in cui gli avversari si legittimano a vicenda abbattendo gli steccati ideologici.
“Dobbiamo essere partigiani e non indifferenti: Firenze e la Toscana oggi sono il centro dell’Italia democratica e antifascista” – ha urlato in piazza il segretario della Cgil toscana che si chiama, non casualmente, Rossano Rossi: partigiani come settant’anni fa, come se la democrazia italiana non avesse sviluppato tutti gli anticorpi necessari per essere un presidio di libertà integrato nella libera Europa. E come se il vero pericolo non arrivasse oggi da un’autocrazia, quella russa, che tenta di restaurare l’imperialismo sovietico, ma che nella piazza rossa di Firenze ha visto sfilare schiere di sostenitori nostalgici del comunismo. E quindi spazio alle bandiere con la falce e il martello, a slogan odiosi come “uccidere un fascista non è reato” e a cori contro la premier e i suoi ministri, reincarnazione dei gerarchi da defenestrare a testa in giù. La nuova sinistra ha dunque trovato per ripartire questo irresponsabile manifesto dell’irrealtà: all’Italia non poteva capitare di peggio.