Vado al dunque, riparmiandovi la tiritera “sono garantista, si è innocenti fino a sentenza difinitiva etc…etc…” in un paese in cui garantista in realtà non lo è nessuno. O perché tutti ci divertiamo a leggere le intercettazioni sui giornali specie se riguardano avversari o contendenti, oppure perché a tutti, chi più chi meno, guardando la tv scappa quasi sempre un “se l’hanno condannato qualcosa avrà fatto!”.

È il vulnus atavico di un sistema giudiziario, che per osmosi ha infettato la communis opinio, che anziché ricercare la verità processuale (quod non est in actis non est in mundo dicevano i latini) mira a raggiungere la verità tout court, nella sua pregnanza filosofica la quale implica che un colpevole deve sempre saltare fuori, regola ineludibile come i pesci morti in un lago, se non altro per placare l’opinione pubblica che lo chiede.

Questa la doverosa premessa che però implica anche necessari corollari. Non essere giustizialisti coi giustiziati e garantisti coi garantiti, essere innocentisti fino a sentenza passato in giudicato, non significa certo scadere nel permissivismo più sfrenato, cioè immergersi in quella gelatina in cui bene e male non si distinguono più e l’etica sfuma in una indifferenza per cui tra onesti e mascalzoni “uno vale uno”.

Rifuggire la giustizia come tifo da stadio o peggio come arma di lotta politica non vuol dire passare sopra a comportamenti che se anche pienamente legittimi, nel paese dei cavilli, sono quantomeno inopportuni. Perchè (sempre i latini!) chi si occupa della cosa pubblica non deve solamente essere specchiato ma pure sembrarlo, il famoso “onesto non solo Cesare, ma anche la moglie di Cesare.” Il danno fatto dal M5S all’Italia è incalcolabile e lascerà macerie sulle quali difficile sarà la ricostruzione.

Un giacobinismo della peggior specie dove nessuno è innocente ma solo colpevole non ancora scoperto, un pauperismo d’accatto che ha messo tanti amministratori pubblici nella condizione di essere sottopagati, seppure con grandi responsabilità, e per questo sempre più ricattabili, l’assistenzialismo più deleterio e potrei continuare ad oltranza.

Si è creato un circuito tramite il quale si è incattivito il popolo che al primo avviso di garanzia si mette in fila per vedere rotolare la testa come le tricoteuses davanti alla ghigliottina. Ma tra tutte le cose peggiori davanti alle quali la classe politica si è calata le braghe, piegata da un’orda di scappati di casa che andavano arginati da subito, la peggiore è stata l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Da che mondo è mondo la politica necessita di danari per andare avanti. Il sistema pubblico post Tangentopoli andava sicuramente rivisto ma abolirlo ha significato togliere la libertà ai partiti e renderli succubi di lobbies e interessi particolari, rincorrendo i modelli d’oltreoceono, perfetti a prescindere. Insomma forte sempre più forte come fosse l’America, direbbe la Nannini. Se ne poteva ridurre il gettito e rendere inflessibile il controllo, ma non obolirlo rendendo tutti sotto scacco di privati che finanziano e che poi tornano a battere cassa.

Il vero intento dei grillini era chiaro: non riformare la politica e il il sistema democratico ma annientarlo. Sono stati il manutengolo di interessi altri, mentre chi li votava riteneva fossero i paladini del popolo. Sui cadaveri della Rivoluzione francesce passeggiò Napoleone creando uno degli stati accentratori e autoritari più soffocanti dell’Europa pre moderna le cui appendici ancora bloccano il nostro paese.

Chi banchetterà ora sul cadavere dell’Italia non è dato sapere, anche se qualche indizio c’è già.