La sarabanda di fantasiose promesse elettorali, nella frenetica corsa agostana verso il voto, dirompe mentre le statistiche impietose danno un quadro del paese ai minimi termini. E siccome i numeri non sono come la trippa che si tira o l’oroscopo che si interpreta tanto vale addolcirli prospettando un futuro roseo tra ponti sullo Stretto, bonus e prebende dispensati a piene mani come si stesse giocando coi soldi del Monopoli.

L’atmosfera da fine impero, con imprese e famiglie a raschiare il fondo del barile per pagare le bollette e 12 milioni (di cui il 24% bambini sotto i 6 anni) di persone a rischio povertà, nonostante dieci anni di governi dei migliori, stride amaramente con la corsa al seggio sicuro e i sorrisi patinati di un branco di privilegiati come i camerieri del Titanic che si premuravano della temperatura dello spumante mentre, tra balli e lustrini, tutto andava a picco in fondo all’Oceano.

Per rinnovare la classe dirigente si sono rispolverate le peggiori cariatidi del vecchio corso affinché tutto cambi perché nulla cambi. Chi ora propone ricette miracolose contro lo strapotere cinese sono gli stessi che all’epoca hanno aperto le porte a una globalizzazione selvaggia che ha fatto entrare due miliardi di persone sul mercato a condizioni impari ed esentasse.

I dieci minuti di applausi a Draghi uscente al Meeting di Rimini sono il tributo vigliacco a chi ha svenduto l’industria pubblica a inglesi e americani, gli stessi ai quali tutti i leader in campo si dichiarano fedeli senza se e senza ma. Una politica vocata all’atlantismo e filoamericana è il mantra di tutti pronunciato solo per paura di essere tacciati da filorussi o peggio ancora da nemici della patria. Eppure quel mondo a cui abbiamo sacrificato tutti i nostri valori in cambio di benessere e sicurezza ci ha resi col tempo tutti più poveri e insicuri.

Servirebbe orgoglio, coraggio e una classe dirigente pronta ad una lunga traversata nel deserto pur di stare dalla parte giusta. Comunque vada il 25 settembre credo si possano usare a ragione le parole di Martinazzoli pronunciate in quel lontano 1987: “Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì”.