Non dobbiamo aver paura di chiamare le cose col loro nome: siamo ormai dentro un’economia di guerra che richiede misure straordinarie. Le sanzioni contro la Russia ci costeranno tre miliardi e mezzo, la crescita rischia di tornare sotto l’un per cento mentre l’inflazione in Europa vola al massimo livello degli ultimi venti anni a causa della corsa senza freni dei prezzi dell’energia, degli alimentari e di tutte le materie prime. Il mix tra spesa, bollette e benzina rischia di provocare pesanti ripercussioni sociali. Senza una moratoria dei mutui per tutto il 2022, migliaia di imprenditori rischiano il fallimento.
Sullo sfondo c’è uno scenario macroeconomico da stagflazione, fatto di aumenti dei prezzi senza crescita dell’economia. Basta questo quadro sommario per dire che dopo la pandemia sull’Italia si sta addensando un’altra tempesta perfetta, che il governo avrebbe il dovere di scongiurare whatever it takes.
Invece il decreto energia è stato a tutti gli effetti una falsa partenza, con una riduzione poco più che simbolica del prezzo dei carburanti (per un solo mese) a fronte di un aumento del 50 per cento, così come rateizzare le bollette di gas e luce (da maggio e giugno!) significa rinviare il problema senza nemmeno avviare una soluzione.
Draghi vuol attendere il vertice europeo di fine mese prima di prendere in esame un nuovo scostamento di bilancio – che invece è assolutamente urgente e inevitabile – ma in un’emergenza di queste dimensioni di tempo il governo ne ha già perso troppo, e non è ammissibile che lo Stato continui a lucrare extragettiti miliardari su benzina e gasolio e cavarsela con un’elemosina.
Le imposte indirette sui carburanti vanno tagliate una volta per tutte, perché sono un’anomalia senza eguali in Europa.
La realtà è che ancora manca una strategia per raggiungere sovranità energetica e sovranità alimentare, due obiettivi divenuti irrinunciabili. Vanno rimesse in funzione subito le trivelle inutilizzate per usare il nostro gas e prorogate le concessioni sull’idroelettrico favorendo gli investimenti e lasciandolo italiano. E sull’alimentare va archiviato l’ambientalismo pervasivo rinviando la nuova Pac, perché oggi serve disperatamente aumentare le superfici coltivabili. Ci aspettano prove epocali, che non si affrontano certo col braccino mostrato finora dal governo.